Un imprenditore che decida di avviare un’attività si trova davanti diverse sfide. Il contesto di mercato è cambiato molto negli ultimi decenni, e nel villaggio globale in cui operano le imprese non può essere ignorato l’aspetto relativo alla responsabilità sociale.
Investire nel sociale, operando in condizioni di sostenibilità etica e ambientale, non produce solo dei vantaggi all’ambiente, alla società o ai lavoratori dell’impresa, ma porta dei benefici di ritorno non indifferenti. La Corporate Social Responsibility (in italiano responsabilità sociale d’impresa) permette di fidelizzare i consumatori e costruire un’ottima reputazione aziendale, elemento fondamentale di competitività sul mercato.
Con la crescente attenzione dell’opinione pubblica alle dinamiche della sostenibilità ambientale si è scatenata di recente una corsa verso la costruzione di un’immagine aziendale ecologica.
Alle imprese piace piacere, e un’attività green è un’attività che piace parecchio ai consumatori.
Se in molti hanno investito e investono per adeguare le proprie pratiche e ridurre l’impatto ambientale, altri preferiscono le scorciatoie, millantando caratteristiche di sostenibilità che non possiedono. É il caso, purtroppo, di diverse multinazionali dai fatturati miliardari, ma anche di istituzioni, organizzazioni e imprese minori.
Greenwashing
Questa disdicevole e scorretta strategia di comunicazione, finalizzata a costruire una falsa immagine positiva di sé dal punto di vista dell’impatto ambientale, è chiamata greenwashing, che in italiano potremmo tradurre con ecologismo di facciata.
Talvolta attraverso questa pratica non si dichiarano soltanto delle qualità fasulle, ma si mira proprio a distogliere l’attenzione dagli effetti negativi per l’ambiente dei propri prodotti o delle proprie azioni.
Essendo a tutti gli effetti un inganno, il greenwashing è proibito. In Italia è considerato pubblicità ingannevole, e a occuparsene è l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. Uno dei primi provvedimenti contro questo fenomeno attuati nel nostro Paese risale al 1996. A essere sanzionata fu la Snam, per il suo slogan “Il metano è natura”. Altre sentenze in Italia hanno riguardato la San Benedetto, la Ferrarelle e la Coca Cola.
Ma allora perché quest’attività è ancora ampiamente diffusa? La ragione sta nel fatto che spesso l’opera di mistificazione delle proprie attività è operata con arguzia e la linea di confine tra consentito e proibito diventa molto sottile. Questo non significa però che non ci si possa difendere in alcun modo.
Consapevolezza
Per non essere ingannati è importante non accontentarsi di informazioni generiche o vaghe, ma verificare sempre le fonti addotte da chi parla. In particolare è bene diffidare da chi autocertifica le proprie azioni invece che presentare certificazioni esterne: chi opera correttamente non teme di certo il controllo da parte di terzi. Meglio stare attenti anche agli slogan eclatanti, spesso portatori di informazioni ingannevoli.
Autore: Davide Lao